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Sunday, Oct 19, 2025

‘No Kings’ Proteste Inflano i Numeri — Ma la Storia Mostra che le Nazioni Collassano Senza un Forte Potere Esecutivo

L'hype mediatico sulle manifestazioni contro Trump ignora una verità più profonda: una leadership decisa e centralizzata - non il dominio della folla - è sempre stata la forza che salva le repubbliche in difficoltà dal declino.
Lo hanno chiamato un movimento di "milioni".

In realtà, la partecipazione alle cosiddette manifestazioni "No Kings" - pubblicizzate come la più grande protesta contro il presidente Donald Trump - ha appena raggiunto le trecentomila unità.

Eppure, i media tradizionali hanno gonfiato i numeri, trasmesso lo spettacolo ininterrottamente e presentato una protesta di strada come prova che gli americani rifiutano una leadership decisiva.

La narrazione è seducente, ma è anche pericolosamente superficiale.

La lezione della storia politica è inequivocabile: le repubbliche non cadono perché i leader diventano troppo forti, bensì perché la leadership diventa troppo debole.

Per decenni, gli Stati Uniti hanno navigato verso la disfunzione - fratturati da paralisi partigiana, stagnazione istituzionale, migrazione incontrollata, industrie svuotate e confusione strategica all'estero.

L'era Biden ha accelerato questa erosione.

I confini sono stati abbandonati al caos, l'indipendenza energetica è stata ceduta, i nemici sono stati incoraggiati e la fiducia interna nel governo ha raggiunto minimi storici.

In quel contesto, ciò di cui il sistema americano ha bisogno non è un presidente cerimoniere, ma un esecutivo decisivo - uno capace di mobilitare la volontà nazionale, far rispettare la legge e ripristinare la coerenza strategica.

Questo è precisamente il modello di leadership che il presidente Trump ha reintrodotto, ed è per questo che i suoi avversari ora armano il linguaggio della "regalità" per mascherare la loro paura più profonda: che una presidenza forte renda irrilevante il loro progetto ideologico.

Le proteste "No Kings" sono rivelatrici non per la loro dimensione, ma per la loro logica.

La loro premessa centrale - che il potere esecutivo concentrato sia intrinsecamente pericoloso - è storicamente e politicamente falsa.

Dalla transizione di Roma sotto Augusto alla consolidazione della Gran Bretagna sotto Churchill, dalla Quinta Repubblica di de Gaulle alla trasformazione di Singapore di Lee Kuan Yew, i momenti di rinnovamento nazionale hanno sempre richiesto leader che concentrassero l'autorità abbastanza a lungo per ricostruire sistemi esausti.

La forza, quando è associata a legittimità e responsabilità, non è tirannia.

È l'antidoto al declino.

I Fondatori stessi comprendevano questo equilibrio.

La presidenza non era concepita come una figura simbolica, ma come un ramo energico, capace di agire con rapidità e determinazione dove le legislature non potevano.

Nel Federalist No. 70, Alexander Hamilton avvertì che un "esecutivo debole implica una debole esecuzione del governo".

Oggi, quell'avvertimento è altrettanto rilevante.

Una nazione che scambia la decisione per la dittatura rischia di consegnare il proprio futuro a una deriva.

I manifestanti che urlano "No Kings" non stanno difendendo la democrazia - la stanno fraintendendo.

La democrazia non è l'assenza di potere; è l'uso responsabile del potere per garantire la sopravvivenza della repubblica.

Trecentomila voci per strada non superano il bisogno strutturale di ordine, stabilità e leadership strategica.

E se la storia insegna qualcosa, è che la sopravvivenza della repubblica non dipende da quanto forte una folla grida, ma se i suoi leader hanno la forza e la visione per agire in modo decisivo quando le scommesse sono più alte.
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